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L'Attesa

Che nessuno

Te lo Insegna

Come si fa.



Sedermi a scrivere è sempre stata una forma terapeutica per me: mi rilassa, mette in ordine le idee, da un senso al tempo. Era da un po’ però che non lo facevo, non sarà mica questa la ragione del tuo ritardo?


Di fondo fa un po’ ridere: quando stai per diventare genitore non hai veramente idea di quello che ti aspetterà. Ti fanno il corso pre-parto, ti spiegano le basi, ma nessuno ti spiega come fare per aspettare. Per avere pazienza.

Qui, però, lasciamelo dire, comincia ad essere dura.


Perché la pazienza, come l’avevo concepita fino ad ora, è sedersi sul divano e guardarsi un film, ascoltare musica, leggere un libro, lasciare andare quello che irrita.

Non è di certo una ricetta nuova ad ogni pasto, allenamenti non richiesti, o un gioco da tavolo nonostante l’immensa indisposizione che ho per qualsiasi cosa competitiva al di fuori della pallacanestro.

Forse questo è difficile da comprendere per i più, chi mi conosce bene invece lo sa, ma tendo a tenermi lontana anni luce da qualsiasi gioco che alla fine dovrà dichiarare un vincitore per ritenersi concluso. Il fatto è che il mio livello di competitività sale a tal punto che posso, senza troppi problemi, far volare oggetti. Voglio vincere. Sempre. E se non vinco m’incazzo, tanto. Ne sono consapevole, e onde evitare di rovinare relazioni per me importanti, evito serenamente di approcciarmi ai giochi collettivi: guardo, e mi diverto a guardare. Quindi, potete tranquillamente capire che se sono arrivata a comprare un gioco da tavolo, è solo perché le mie energie sono tutte focalizzate sull’attesa, che di vincere o perdere non m’interessa. Anzi, l’ho trovato addirittura rilassante.


Questo aspettare è diverso da ogni altro tipo di attesa, perché sai che quando finirà la tua vita non sarà più quella di un secondo prima, e sai anche che questo aspettare potrebbe finire da un momento all’altro. Non c’è un segnale, una tempistica precisa, un qualcosa che ti dica: “oh, tra un giorno puoi tranquillamente scordarti di chi sei adesso, perché sarai qualcosa di nuovo”. Così, in questo limbo, mi ritrovo in quella profonda consapevolezza che non ho mai avuto in questi nove mesi: stai arrivando, e questo mondo a due tra poco non ci sarà più. Per quanto, però, stiamo provando a godercelo a pieno, rimane quel retrogusto di voglia infinita di conoscerti che ci sta spaccando in due.


“Dai dai che manca poco”

“Si ma quanto poco? Tipo due ore o due giorni?”

“Poco”

Il concetto di “poco”, dopo nove mesi, è un concetto incomprensibile. Visto che ci dicono che "manca poco" da inizio Dicembre.

Non lo so come fa Kim, la vera eroe di questo viaggio. Lei che deve aver tutto sotto controllo. Lei che deve sapere in anticipo. Lei che se legge na ricetta e c’è scritto “due grammi”, mette DUE GRAMMI precisi, perché “se c’è scritto così bisogna far così”. Non come me che “ma si, fai a occhio”, mettici fantasia, dai un tocco creativo personale. No. Per filo e per segno. Quindi se hanno detto che la data presunta doveva essere il 7, il 7 dovevi uscire e far la tua comparsa nel mondo, altrimenti cosa ce l’hanno detto a fare?


La verità è che qui, di preciso, non c’è nulla, e ci stai solo preparando a quello che verrà: un navigare a vista, cercando di fare il meglio che possiamo con quello che abbiamo. Sicuramente, stiamo scoprendo una pazienza che non sapevamo di avere, ma questo non ti da il benestare di testarci fino a farcela perdere.


Il cuore batte forte, a un ritmo che a questo punto manca poco perché esca dal petto. È cosi da due giorni, e non so quanto possa reggere ancora. Le persone ci danno consigli, ci incitano a goderci ogni istante, ci stanno vincine, ma aiuta poco. Perché in questa via a mezz’aria ci siamo solo noi. Noi tre. Con te che ti muovi sotto quel velo di pelle che se cresci un altro po’ ti si vede. Con te che ogni tanto tiri un calcio sulle costole. Con te che mi sa che stai anche troppo bene li dentro, con quella calma che ti avvolge che solo Kim sa dare a chiunque abbia la fortuna di avvicinarsi abbastanza.


La lezione sulla pazienza l’abbiamo appresa, ed egregiamente superata.


Quindi ora basta, dai.

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